Il caffè è una delle bevande il cui consumo è maggiormente diffuso tra gli italiani: spesso non è si tratta solo del piacere della bevanda stessa ma perché considerato un vero e proprio momento di relax, quasi un rito da non poter evitare.
L’espresso italiano è invidiato in tutto il mondo: fornisce l’energia necessaria (sia fisicamente che psicologicamente!) per affrontare la giornata e contiene sostanze benefiche per la salute (studi recenti dimostrano che protegge da alcune forme tumorali).
Quante volte, dopo una mattinata stressante o una notte insonne ti sei detta: ci vorrebbe un bel caffè! Subito dopo però ti è sorto il dubbio: ma se allatto posso assumerlo? E se si quanto?
Si, ma con moderazione
Eccezion fatta per rari casi (particolari tipi di farmaci o per il fumo) per il caffè vale la regola generale del “si può fare, ma senza esagerare”. Come noto, il caffè contiene caffeina, sostanza eccitante che stimola la produzione di adrenalina.
Per questo motivo il consumo di caffè può provocare insonnia e irritabilità al tuo bambino: la caffeina passa però nel latte materno in una percentuale di circa l’1% e viene assimilata in un periodo che varia da 1-3 ore circa (a seconda se il caffè lo si assuma a digiuno o dopo un pasto normale) e una volta passato nel latte non viene riassorbito.
E’ inoltre vero che alcuni neonati, soprattutto di età inferiore ai sei mesi, possono risultare più sensibili alla caffeina assunta dalla mamma e mostrare segni di irritabilità e insonnia: ad esempio i prematuri e i neonati metabolizzano con più difficoltà e più lentamente la caffeina. Alcuni studi hanno infatti dimostrato che l’abilità del bambino a metabolizzare la caffeina si sviluppa a partire dai tre o quattro mesi di età. Inoltre il tempo di resistenza della caffeina nel sangue diminuisce man mano che il bambino cresce.
Uno studio pubblicato sulla rivista “Pediatrics” ha tenuto sotto osservazione il sonno dei bambini di 900 donne che assumevano caffè arrivando alla conclusione che il sonno del bambino non viene danneggiato se la mamma consuma questa bevanda con moderazione.
L’Accademia Americana di Pediatria ha constatato che se la mamma consuma più di 5 tazzine al giorno (ovvero oltre 750 ml di caffè) il neonato mostra segni di irritabilità: nel corpo del neonato si comincia ad accumulare una consistente quantità di caffeina causando nervosismo, disturbi del sonno e anche coliche.
Spesso le conseguenze della caffeina possono essere fraintese e sottovalutate perché scambiate con pianti e nervosismo tipici del neonato. C’è da dire comunque che ogni neonato è un caso a sé (del resto vale la stessa regola tra gli adulti: c’è chi ha problemi dopo un solo caffè e chi potrebbe berne a litri!) per cui se pensi che tuo figlio sia irritabile a causa del caffè parlane con il tuo pediatra di fiducia.
Indice
Le dosi di caffè
Entro quanto è accettabile quindi l’uso del caffè per una mamma che allatta? Gli esperti consigliano di non superare mai i 300 mg giornalieri di caffeina che consiste in tre tazzine di caffè espresso.
Attenzione però perché occorre ricordare che la caffeina è una sostanza presente in diversi alimenti. Quali? Il thè, la cioccolata, la coca-cola, la Red-Bull e altri soft-drink, o ancora in alcuni farmaci acquistabili anche senza ricetta medica per cui se assumi meno di tre tazzine di caffè ma esageri con qualcun altro di questi elementi rischi comunque di esporre tuo figlio ad una quantità eccessiva di caffeina.
Ma quanta caffeina c’è in ciascun alimento o bevanda? Nel caffè solitamente circa 50-100 mg a tazzina (58 mg in una coppetta di gelato al gusto caffè), 40 mg in una lattina di coca-cola, 28 mg in 150 ml di the (anche se dipende da quanto tempo tieni l’infuso nell’acqua), 100 mg in 100 grammi di cacao, 30 mg in 100 ml di Red Bull.
Ora che sai quantità e influenza della caffeina sul tuo bambino puoi certamente bilanciarne l’uso per non rinunciare a ciò che ami e ti tira su senza far stare male il tuo bambino. Ogni sostanza che si assume infatti ha dei limiti oltre i quali può diventare nociva: nelle dosi adeguate non crea alcun tipo di problemi e può anche diventare benefica.
Se noti una costante irritabilità e insonnia da parte di tuo figlio cerca comunque di evitare almeno per una settimana il caffè e qualsiasi sostanza possa contenere caffeina (potresti accusare dei mal di testa da astinenza passeggeri). Nel caso dovessi riscontrare cambiamenti positivi sulla salute di tuo figlio fai questo piccolo sacrificio eliminando del tutto o quasi la caffeina dal tuo stile di vita.
Il caffè verde e quello al ginseng
Il caffè verde è ricavato da chicchi di caffè non ancora tostati e quindi hanno un maggior livello di acido clorogenico che presenta numerosi benefici per la salute (ideale ad esempio contro le malattie cardiache e il diabete). Contiene però caffeina esattamente come il caffè tradizionale e, di conseguenza, può avere gli stessi effetti indesiderati. Non esistono ancora studi e documentazioni scientifiche che dimostrino l’assenza di controindicazioni dell’uso di caffè verde in allattamento pertanto è consigliabile effettuare un uso saltuario o evitarne del tutto il consumo.
Sconsigliato anche il caffè al ginseng che, solitamente ha effetti estrogenici sulla donna che, se risultano benefici per una donna in menopausa, possono essere nocivi per una donna che allatta perché diminuiscono la qualità e la quantità di latte materno. Ci sono inoltre stati casi di bambini tachicardici e ipertesi dopo essere stati allattati da mamme che avevano consumato questa bevanda.
E se bevo caffè decaffeinato?
Purtroppo la questione non è poi così semplice: è vero che il decaffeinato contiene una misura davvero irrisoria di caffeina. In una tazzina di caffè infatti se ne può trovare solo lo 0,1% contro l’1,2 – 1,5% del caffè qualità arabica e il 2,2 – 5% del tipo robusta. In una tazzina di decaffeinato sono quindi presenti 2 mg di caffeina contro gli 80-120 mg del caffè tradizionale.
Problema risolto? Non proprio. Una ricerca della University of Florida ha dimostrato che, anche se nel decaffeinato la caffeina è presente in minime quantità con un abuso di consumo si hanno gli stessi effetti negativi della caffeina. Ne verrebbe quindi da concludere che dovendo effettuare comunque un consumo moderato tanto vale bersi un caffè tradizionale.
Il decaffeinato inoltre è il risultato di un processo di lavorazione alquanto complesso: per eliminare la caffeina occorre utilizzare solventi quali l’acetato di etile o l’anidride carbonica per permettere l’estrazione del caffè stesso che può quindi essere contaminato da agenti chimici.
La legislazione ha definito delle quantità limite in modo che un essere umano possano ingerirne modeste quantità, ma in caso di una neomamma e di un neonato dal metabolismo immaturo potrebbero comunque essere nocive.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) considera pericoloso per la salute umana tutti gli alimenti “tostati” ovvero che hanno subito modifiche ad alte temperature in quanto possono svilupparsi sostanze cancerogene. E’ vero infatti che durante la tostatura del caffè la cellulosa dei chicchi viene bruciata diventando una sostanza tossica.
Berne una quantità eccessiva vorrebbe dire assumere anche tutti i residui di sostanze chimiche che possono risultare anche tetarogene, con la possibilità di anomalie e ostacolando il normale sviluppo del bambino. Il rischio però si riduce fino ad annullarsi, come già detto, in caso di consumo moderato.
Una valida alternativa: il caffè d’orzo
Un surrogato del caffè è sicuramente il caffè d’orzo: i chicchi vengono macinati e liofilizzati per ottenere una polvere sottilissima della stessa consistenza della farina da sciogliere in acqua per ottenere la bevanda desiderata.
Non contiene caffeina e quindi può essere tranquillamente utilizzato come sostituto del caffè. In più non apporta alcuna caloria se non quelle dello zucchero aggiunto per dolcificare ma fornisce l’energia giusta per affrontare la giornata (ideale per una neomamma che ha sempre mille faccende da sbrigare!).
Proprio per l’assenza di caffeina l’orzo è consigliato sia in gravidanza che durante l’allattamento: ha infatti ottime proprietà galattogene favorendo così la produzione di latte materno.